lunedì 8 dicembre 2008

I nostri candidati: Alfredo Ferrara

Quando ci troviamo davanti ad un problema pratico noi filosofi molto spesso ci sentiamo impossibilitati ad affrontarlo e risolverlo perché la nostra priorità resta un problema teorico, senza la risoluzione del quale è impossibile andare avanti.

Alla nobiltà di tale umile atteggiamento però, fa da contraltare il rischio che tanto spesso corriamo di pulirci la coscienza davanti alle cose che non vanno e che ci richiamano alle nostre responsabilità; il problema teorico assume in questa caso una perennità tale da permetterci di dire “ho le mie buone ragioni per non agire…”.

Non sono stato e non sono immune da questo tipo di atteggiamento. Quando mi sono iscritto al nostro corso di studi, ormai 5 anni fa, tutto pensavo fuorché di fare politica in Università. Passati gli anni però, mi sono reso conto di quante opportunità noi studenti stessimo perdendo, e di come gli unici responsabili di questa perdita fossimo noi stessi.

Il lasso di vita ed il percorso di studi che stiamo attraversando è purtroppo spesso vissuto solo ed esclusivamente come un momento di passaggio tra l’incoscienza dell’adolescenza e la serietà del tempo in cui lavoreremo ed avremo una famiglia (forse), non facendo caso alle enormi potenzialità e specificità che contraddistinguono questi anni. Non siamo ex-adolescenti o pre-adulti, ma giovani, studenti universitari: stiamo laddove la serietà dello studio deve necessariamente accompagnarsi con la forza, la lungimiranza, l’inquietudine, la gioia e la non-compromissione dei nostri anni. Stiamo laddove dovremmo aver perso l’ingenuità, ma dovremmo essere ancora ben lontani dall’età in cui possiamo dire di conoscere la vita in ogni sua sfaccettatura!

Tante cose contribuiscono a farci perdere la fiducia in noi stessi, ed è facile in un contesto desolante pensare di concentrare tutte le proprie restanti energie su se stessi. L’Università però resta un’enorme occasione di crescita collettiva oltre che individuale: è in questi corridoi che nei decenni passati sono nate e si sono sviluppate tendenze e proposte culturali e politiche rivolte a tutta la società. È per questo che fare politica in Università non può e non deve significare soltanto distribuire statini, orari prenotare esami.

In ogni campagna elettorale, di qualunque tipo, solitamente trionfa la retorica e la politica si propone come risolutrice dei problemi di un elettorato al quale viene promesso che dormirà sogni tranquilli mentre qualcun altro veglierà per lui. Purtroppo anche nelle mura delle Università, un tempo tempio quasi sacro di idealità e nobili intenti, questa vulgata qualunquista e impolitica ha guadagnato terreno tra le associazioni e le realtà studentesche e riesce a fare incetta di voti.

Durante la contestazione alla legge 133/08 abbiamo fatto tutt’altro che risolvere problemi: li abbiamo creati e sollevati chiedendo a tutti voi di alzarvi e reagire contro una legge ingiusta. Quando abbiamo cominciato a farlo eravamo una minoranza, ma il coraggio di prendere una posizione decisa e di proporvela non ci è mancato. Così continueremo ad agire da rappresentanti.

Per ribadire ancora una volta che questo è il nostro posto, è il nostro momento. Per ribadire che quest’Università è anche nostra.


Alfredo Ferrara
Candidato al Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia
ed al Consiglio di Interclasse di Filosofia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Quel che oramai ci manca è la capacità di appassionarci alle cose, questo vale anche (forse soprattutto) per chi oggi frequenta l’Università. Gli studenti che oggi abitano gli atenei italiani, non sono appassionati abitatori di queste strutture, sono semplicemente, gente che ne calpesta i corridoi disinteressandosi di ciò che gli sta intorno. Questo è, a conti fatti, il risultato di un progetto ben preciso di trasformazione dell’Università da luogo dei saperi in fabbrica di soggettività. Soggettività, ovviamente, criticamente, e quindi politicamente neutralizzate, perfette macchine da “accumolocredito” universitario.
In questi anni ho visto costantemente attuarsi lo svuotamento degli spazi civili del dialogo e del dibattito nella mia Università, Bari. Ho visto gente sorda, con la testa china solo sui libri, non capire ciò che gli stava succedendo accanto, mentre pezzo dopo pezzo stavano (hanno) distrutto il sistema universitario, anzitutto nel suo senso primario di cerniera tra mondo intellettuale e mondo del lavoro. Ho visto l’Università trasformarsi in un istituto professionale, senza il benché minimo sibilo di orrore da parte di associazioni studentesche e semplici studenti. «Tu dov’eri?» mi può essere chiesto; ero anch’io ad assistere a questa catastrofe chiedendomi come poter fare ad oppormi, con quali strumenti poter intervenire e come al solito, da buon “filosofo”, sono stato più bravo a pormi domande che dare soluzioni. Le soluzioni, quelle vere, non sono mai facili da dare; specialmente oggi in cui non si sa in che direzione andare, specialmente oggi dove rappresentanza politica, militanza, insomma la politica nel suo complesso, è diventata un luogo difficile da decodificare. Eppure proprio in questi periodi di smarrimento occorrerebbe impegnarsi, mettersi in gioco; ed è per questo motivo che io ammiro Alfredo, Milena, Vito,Sergio, proprio perché hanno deciso di mettersi in gioco, hanno deciso di metter il naso nel puzzo che dalla società arriva diritto nelle stanze dell’università italiana, nelle “aulette” di associazioni diventate molto spesso lo specchio fedele di logiche esterne al mondo studentesco e legate a dinamiche e meccanismi di potere lesivi dei diritti degli studenti e della stessa possibilità di tutela di questi diritti, che è poi il senso stesso dell’esistenza delle associazioni universitarie.
Io non so come, chi leggerà queste poche righe possa pensarla, ma sono certo di una cosa, che non si possa non restare disgustati dallo spettacolo a cui stiamo assistendo giorno dopo giorno, ai colpi inferti al nostro futuro, da questa classe politica che il nostro futuro dovrebbe tutelarlo. Lo slogan di questi giorni è stato “La vostra crisi non la paghiamo”, per non pagarla veramente è forse ora di pensare ad opporsi seriamente a lobby, nepotismo, e logiche da politica clientelare che a partire dall’Università si estendono a tutti gli strati della nostra società. Io credo, non in maniera gratuita ed ideologica, ma perché li conosco personalmente, con loro ho parlato, discusso, mi sono confrontato anche duramente, che Alfredo, Milena, Vito, Sergio, possano rappresentare per gli studenti un interessante occasione di riqualificazione della rappresentanza universitaria, in questi anni del tutto assente, o connivente con scelte che hanno solo danneggiato, (oggi visti i risultati lo possiamo dire senza alcun dubbio o per mero pregiudizio politico) il più alto luogo della formazione in Italia. E’ passato il tempo del: «non mi importa, non mi interessa, sono apolitico», è giunto il momento di comprendere che la politica, nel senso più altro del termine, è cura anzitutto di noi stessi, e di noi come studenti e cittadini attivi nella società. La retorica, (sicuramente anch’io in queste poche righe ne ho fatta, ma nella maniera credetemi, più involontaria possibile, e comunque mi scuso per essa) dei “partitucoli” dei “politicanti” e dei finti “venditori di buone azioni” che si piegano alle peggiori logiche lobbistiche e di “portaborsismo”, ha fatto già troppe vittime tra gli studenti; è ora di aprire gli occhi sul mondo, smetterla semplicemente di disgustarci, ed agire! “Il mondo è la totalità dei fatti”, non delle parole, sono quelli che contano, sono quelli che dobbiamo esigere nelle sedi opportune, che vanno dal consiglio di facoltà, al consiglio di interclasse, dal senato universitario, alle piazze, ai corridoi….si, perché ogni luogo è opportuno per rivendicare diritti! Forse di questo negli anni, in questi anni, ci siamo dimenticati…..
Il mio invito è anzitutto ad andare a votare ed, in secondo luogo, a riappassionarci a ciò che ci circonda, alla nostra Università, perché il futuro non è già scritto, dipende da quello che oggi decidiamo di fare, ed oggi mi sembra un buon giorno per ricominciare a sentirci parte attiva nel mondo.

Tommaso Sgarro

Anonimo ha detto...

Grazie Tommaso le tue parole non possono che farmi un enorme piacere , non per gli elogi comunque pacati rivolti a me e agli altri nobili poco ignoti candidati , ma soprattutto perchè in queste parole c'è il coraggio di cui personalmente ho bisogno ogni giorno che passa per affrontare il panorama della mia università . Grazie e ancora grazie.
Sergio de Ceglia.